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MIAMI VICE
(MIAMI VICE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 ottobre 2006
 
di Michael Mann, con Colin Farrell, Jamie Foxx, Gong Li, Naomi Harris, John Ortiz (Stati Uniti, 2006)
 
Quanto è bello abbandonarsi al piacere di filmare; quant`è bello, e difficile far cinema. Da una delle personalità più forti e coerenti del cinema americano come Michael Mann (L'ULTIMO DEI MOHICANI, HEAT; quindi il rigore inquisitore di THE INSIDER con i clamorosi Al Pacino, Russell Crowe e Chritopher Plummer, quel suo modo di scivolare dal pubblico al privato, dai conflitti sociali a quelli più intimi; il compromesso, la lealtà, l'affetto, che ritrovavamo nello splendore di COLLATERAL, altro miracolo di fusione di due generi opposti come il thriller e l'indagine psicologica, inconciliabili, come il cinema dello spettacolo e quello della riflessione artistica) si poteva attendersi molto da MIAMI VICE.

Non tanto perché il regista attualizzava la celebre serie televisiva degli anni Ottanta da lui stesso prodotta. Non solo perché qual quadro presunto glamour di traffici sull'asse Colombia-Cuba-Florida, a colpi di ambigue, sgangherate carrette del mare o spettacolari bolidi da altomare, palme sbattute dal vento e night per tirare l'alba, veneri latine siderali e machos irsuti da regolarmente confondere con altrettanto sbrindellati rappresentanti dell'ordine non ha perso molto di attualità o di più o meno auspicabile richiamo. Ma perchè l'arte di Michael Mann consiste da sempre nel sapere condizionare i significati psicologici di una vicenda e dei suoi personaggi nell'ambiguità spettacolare di un ambiente.

Tanto vale dirlo subito. Se il cinema consiste nell'affondare grazie al magistero della regia nella realtà che ci sta attorno per ottenere un tono e una meraviglia, MIAMI VICE rappresenta una riuscita. Ma se ad una sceneggiatura chiediamo che quello sguardo si organizzi su una logica narrativa non sarà di certo la progressione disordinata ed a tratti illeggibile affidata al pupazzone eventualmente virile Colin Farrell, ad un sotto-utilizzato Jamie Foxx ad una spaesata e un po' smorta Gong Li a distinguere il film dall'abituale, estenuante sequela di situazioni cosiddette di azione e sentimento. Certo, rimane la spregiudicata disinvoltura nel taglio delle immagini, dei movimenti di macchina, dei ritmi di montaggio; e, soprattutto di quell'uso straordinario dell'alta definizione (o vogliamo chiamarla solo fotografia?) digitale. Se recarsi ancora in una sala grande significa abbandonarsi al piacere di un universo già di per sé pimpante che si trasforma all'infinito in una serie ipnotica di dominanti cromatiche, traslucide trasparenze, tessiture mutevoli, profondità di campo insolite e vibrazioni ambientali surreali, per quella sorta di giubilo degli occhi MIAMI VICE merita allora che su tutto il resto li si socchiuda.


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